Eppure non ci riesco.

Eppure non ci riesco.

Eppure non ci riesco.

Non riesco a comprendere questo mondo, questa società, queste dinamiche giovani, fresche e fuori da ogni qualsivoglia logica.

Non riesco a capacitarmi di come una persona, alla mia età, non abbia amici, ma solo clienti e collaboratori.

Non riesco a comprendere come la mia miopia, questi anni abbia permesso la completa e totale eliminazione di tutte le residue amicizie.

Non riesco a comprendere come, dopo due anni, questa storia mi stia mettendo di fronte ad un bivio, in modo violento: la ami, stai con lei e ti spari 200 km al giorno, oppure, la molli e ricominci da zero.

Ricominci con un cumulo di polvere tra le mani.

E’ il carico che mi preoccupa, un carico che non saprei assolutamente come gestire, un carico che probabilmente sarebbe l’inizio della mia fine.

Questo, produrrebbe uno schiavo, che tutti i giorni passa il proprio tempo per strada, lontano dalla sua famiglia, ma con al fianco la sua donna amata.

Di certo, questo scenario sembra essere quello più logico, dettato da un amore: ma non è così, questo scenario è quello meno logico, quello più difficile da gestire, quello che non ti permetterebbe di vivere una felicità , una routine, tanto auspicata ma consumata dalla distanza, sì, perché proprio di distanza si parla: un lavoro che non voglio e non posso abbandonare…ma anche una donna che non voglio abbandonare.

Sono preoccupato, sinceramente preoccupato, soprattutto per lei: vivere insieme, da lei, vorrebbe dire non poterle essere di fianco in una giornata normale, risultare inerme di fronte ad una necessità, ad un bisogno.

Vorrebbe dire non essere un padre, ma una figura evanescente, per nulla, o assolutamente presente nelle dinamiche familiari.

Mi percepisco distante, come la chiamata di ieri…e di due giorni fa.

E qui che la vita ti mette di fronte a queste scelte maledette: cosa fai? cosa non fai? che mossa vuoi fare?

Non è una partita a scacchi, ma una vera e propria decisione su chi vive e chi no.

Lei sostiene di aver parlato con tutti i suoi medici, eliminando ogni speranza di un trasferimento (per ovvi motivi di salute) nella vicina città “baricentrica” per entrambi.

Io non ho sentito nessuno, a parte la mia unica amica.

E questo non volermi “aprire” con nessuno, onde evitare di mostrare il mio fianco debole, mi tortura, mi rende inutile, deconcentrato, serio e senza alcuna via di fuga.

Una via di fuga ci sarebbe: ma sarebbe la più codarda, scriverle e risolvere il rapporto.
Ma non voglio, io, sono uno alla vecchia maniera, le cose le dico di persona, guardandoti negli occhi.

La chiamata di due giorni fa sembrava un vero e proprio addio tra-le-righe, eravamo entrambi coscienti del fatto che senza una soluzione comune non si sarebbe arrivati ad un dunque, legandoci in questo limbo senza alcuna via di uscita.

Eppure io non ci riesco, non riesco ad eliminare i contatti ed i legami con la persona che amo.

Il fatto è proprio questo, non esiste una forza anche solamente un briciolo più accentuata da parte di uno o dell’altro per mettere la parola fine a questo rapporto, rapporto che non ha in alcun modo i presupposti per continuare.

Nessuno dei due ha il coraggio di fare la prima e l’ultima mossa di questa storia.

E per quanto sia una persona logica, analitica e pratica, io non trovo la forza, non trovo la soluzione a questo rompicapo.

Vorrei con tutto me stesso, eppure non ci riesco.

There’s no way out of here…

Cullo le riflessioni degli ultimi giorni (piuttosto negative) con questo brano, non c’è molto da dire…periodo strano.

Sento – continuamente – echeggiare nella mia mente il ritornello…dovrei darci un taglio? cambiare qualcosa che mi sta sfuggendo?

There’s no way out of here,
when you come in you’re in for good
There was no promise made,
the part you’ve played, the chance you took
There are no boundaries set,
the time and yet you waste it still

So it slips through your hands
like grains of sand, you watch it go
There’s no time to be lost,
you’ll pay the cost, so get it right
There’s no way out of here,
when you come in you’re in for good

Non capita, ma se capita

I silenzi sanciscono conversazioni e chi mi conosce sa a cosa mi riferisco: sono un eterno romantico, credo nei ritorni storici e nei giorni di emozioni oramai dissolti dal tempo.

Prima o poi torneranno, forse prima, forse dopo, forse mai.

Ma ho la possibilità di avere una speranza, almeno credo.

Sul fronte personale ho assistito alla completa riduzione a rapporto di comodo della mia più grande amicizia, ci sto male è innegabile.

A questo punto, mi defilo, con calma, in punta di piedi e senza lasciare traccia.

Questo è quanto mi tocca fare.

Voglia di: un sorriso

Estate 2016: Viaggio in Corsica.

Questo è uno dei momenti più felici della mia esistenza, ricco di carica emotiva, spensieratezza, voglia di fare, autonomia.

…e aggiungiamoci anche della Nostalgia, nostalgia canaglia.

Ho scelto una foto di quel viaggio, uno scatto rubato della mia vecchia “lei”, in questo scatto ho ritrovato tutto quello che cercavo nel momento in cui ho deciso di scrivere questo post: carica emotiva, spensieratezza, voglia di fare, autonomia.

Mi manca.

Sarà il lavoro,

Sarà la dinamica sociale inevitabilmente mutata,

Sarà tutto quello che oggi è il presente,

Sarà.

Covid, ovvero: COme VIvere Distanti

Ho riflettuto molto prima di buttare giù questo mio post, ho voluto lasciare passare del tempo: volevo attendere che le nubi si allargassero all’orizzonte, di modo da ragionare meno “di getto” e analizzare – rapidamente – questi mesi di lockdown.

Il nostro ultimo incontro datava fine febbraio, un incontro come gli altri, abbiamo le nostre abitudini, i nostri momenti e la nostra routine, insomma, l’idea di un incontro “come gli altri” non vuole assolutamente essere riduttivo, anzi.

11 Marzo, il governo decide due mesi di lockdown, due mesi che personalmente mi hanno ridotto all’osso sotto l’aspetto affettivo, economico e lavorativo.

Ho assistito a scene tipiche di uno stato di polizia: le forze dell’ordine che si atteggiano come ufficiali della Stasi

Ho assistito ad un completo blocco delle attività lavorative, ho dovuto chiudere per più di un mese intero la mia azienda, con conseguenti contraccolpi economici molto elevati

Ho assistito ad un mio personale peggioramento di umore, non riuscivo a dormire, non riuscivo a digerire, a ragionare.

D’un tratto la normalità si cancella, come si cancellano le abitudini lavorative, i progetti avviati e i gesti semplici…come bere un caffè al bar.

Dopo un mese – sempre grazie ad un decreto – vengo “riabilitato”, trovo una nuova (e strana) normalità: posso tornare in ufficio, posso tornare nei miei spazi e nella mia routine lavorativa.

Già, posso…

Ma è dura, perchè le città sono deserte, in ufficio sono da solo e le operazioni più semplici diventano complesse: mascherine, gel, guanti… solo l’odore di alcool fa venire il mal di testa…basta!!!

Arriva il 18 Maggio, posso tornare finalmente a federe la mia donna: non sono stati bei momenti per lei, questo lockdown le ha creato non pochi problemi con ansia ed emicrania, in ogni caso, l’incontro è “quasi” normale: torno a sentire il suo profumo, a toccare la sua pelle, a poterla baciare: sono momenti impagabili, mi sembra di vivere per questi piccoli momenti.

Insomma, la strada è ancora lunga e questa storia non è destinata a risolversi con poco ( probabilmente lavorativamente parlando avremo strascichi fino alla fine dell’anno).

In ogni caso, la mia riflessione è molto semplice: questo momento non ci renderà assolutamente “migliori”, anzi, aggiungerà ancora più sospetto e paura verso “l’altro”, minando ulteriormente quei già labili rapporti interpersonali.

Personalmente non credo di essere “migliore” dopo questo periodo, anzi, mi percepisco ancora più egoista e misantropo.

La soluzione, forse.

Ebbene si, ci siamo arrivati in fondo.

Abbiamo trovato il metodo e l’occasione per affrontare questo spinoso, maledetto e difficile tema.

Per chi se lo stesse chiedendo, no, non ci siamo lasciati…o meglio, ci siamo lasciati, per circa 20 minuti, ma poi, come tutte le storie con un lieto fine, i fatti hanno smentito le mie preoccupazioni, che già predisponevano la mia mente ad un lungo e doloroso addio.

Credevo fosse più semplice, credevo che parlandone ci si sarebbe resi conto dell’idea, della sua difficile realizzazione e soluzione.

Credevo, appunto.

Sono stati momenti interminabili, eravamo seduti in un bar, a bere un the ed un cappuccino.

Non ero in grado di elaborare altri pensieri, la mia mente, nonostante fossimo stati assieme tutto il weekend, non pensava ad altro, mi diceva: più fai finta di niente, più continuerò ad assillarti.

Quindi mi decisi, tirai fuori l’argomento: ho pochi ricordi riguardo la lucidità con la quale affrontai questi temi, in passato.

Lacrime, voce rotta, sguardi spezzati: più ci parlavamo, più era evidente che un legame così forte non si “chiude” a causa di queste piccolezze (che la mia mente aveva enormemente identificato come problemi insormontabili…).

Il ritorno verso la macchina fu davvero inaspettato, dentro di me, quella piccola fiamma di amore che credevo fosse oramai spenta, trovò nuovo ossigeno, misi da parte tutte le mie preoccupazioni: la distanza, gli spostamenti, tutto quanto…inizialmente sembrava così complicato, ma adesso, era tutto così lineare, facile, quasi elementare.

La soluzione fu semplice: “Cosa siamo?” le chiesi, mi rispose: “Un legame magnifico, che ha svoltato la mia vita, un legame che per una breve distanza, non può essere rimosso, ma se ritieni di doverlo fare, fallo, procedi.”

Ancora oggi, ad una settimana di distanza, mi rendo conto della grande prova di responsabilità che mi diede la mia donna, una persona che non smetterò mai di sostenere, amare e stimare, perchè, al di là di tutte le difficoltà, è in grado di dimostrare una responsabilità tipica di una persona matura, adulta, sincera.

In quel preciso momento realizzai che non spettava assolutamente a me questa decisione, e che questo rapporto è stato di fatto una nuova vita per entrambi.

Non importa la distanza, importa amarsi.